Se è vero che grinta e determinazione ti portano ovunque nella vita, il percorso di Giulia, 28 anni, di Roma, ora costumista teatrale e professionista nell’ambito della sartoria, ne è una prova. Fin da piccola la passione per il disegno e la pittura, la spingono a frequentare un corso di disegno. Anni dopo, si iscrive al corso di “arte del tessuto” presso l’Istituto d’Arte, “Paolo Mercuri” di Ciampino, in cui apprende le tecniche di lavorazione a telaio e della stampa su tessuto. Successivamente, un corso di taglio e confezione presso una sarta professionista. In quegli anni viene affascinata dalla cultura giapponese in tutte le sue sfaccettature: pittura, ceramica, cucina, letteratura, tecniche di tintura (come la shibori), tecniche di rimano (coma la sashiko), teatro ecc. Dopo le superiori si iscrive alla triennale di “Culture e Tecnologie della Moda” dell’Accademia di Belle Arti di Roma, dove matura l’interesse per il teatro e il costume per lo spettacolo. Per questo motivo, durante il terzo anno, frequenta il corso di “Costume per lo Spettacolo” presso LabCostume e, successivamente alla laurea, il corso di “Sartoria Teatrale“. Ha lavorato come sarta di scena e come aiuto costumista di Helga Williams, per alcuni spettacoli teatrali di cui due promossi dalla scuola Officina Pasolini, con la regia di Massimo Venturiello. Nel 2018 vince il concorso “Una scuola, un lavoro – Percorsi di Eccellenza“, indetto dalla Fondazione Cologni Mestieri d’Arte e si reca a Milano per partecipare ad un master di un mese su i “mestieri d’arte“, e inizia un tirocinio di sei mesi presso il laboratorio telecineteatrale “Maurizio Bazar s.r.l.” di Roma, con cui collabora ancora oggi. Dal 2020 è studentessa del corso di laurea magistrale di “Storia dell’Arte” dell’Università di Tor Vergata e prossima alla discussione della tesi. Da ottobre 2021 collabora, come costumista, con la Compagnia Teatrale di Velletri “Teatro della Luce e dell’Ombra“.Da febbraio 2022 a maggio 2022 tramite la borsa “Erasmus + studio” ha seguito lezioni alla “Universidad de Córdoba“, mentre a giugno ha svolto un tirocinio di 150 ore presso la fondazione cordobese ArtDecor, dove ha potuto entrare in contatto con diverse realtà della cultura spagnola moderna.
INTERVISTA
Giulia, in tutto ciò che fai ci metti cuore e talento. Da anni fai la costumista per laboratori e teatri di Roma. Quanto è stato importante per la tua crescita professionale, l’apprendere sul campo i trucchi del mestiere? E quali sono stati i maestri che hanno avuto maggiore influenza sul tuo lavoro e perché?
L’apprendere sul campo è stato importantissimo, infatti, non ringrazierò mai abbastanza Emiliano Sicuro, il mio insegnante di “Costume per lo Spettacolo” a LabCostume, che mi ha dato l’opportunità di lavorare più volte in teatro. È essenziale studiare ed esercitarsi ma ovviamente solo lavorando dietro le quinte si recepiscono tutte le esigenze e i movimenti che costituiscono la grande macchina del teatro. Emiliano è stato il primo maestro che ha avuto grande influenza sul mio lavoro. Uscita dall’Accademia non avevo ancora un’idea precisa riguardo la figura del costumista; invece, con le sue lezioni si sono sciolti molti dubbi. Gli altri maestri che mi hanno influenzata positivamente ovviamente sono Maurizio, Gabriele e Manuela della Maurizio Bazar s.r.l., grazie a loro sono entrata in contatto con il mondo dell’artigianato e sto apprendendo tantissimo. Spero che l’artigianato non venga sopraffatto totalmente dalle nuove tecnologie, perché realizzare un oggetto artistico e utile con le proprie mani è qualcosa di meraviglioso.
A quale costumista italiano ti sei ispirata e perché?
Ammiro i grandi costumisti di un tempo, come Piero Tosi e Danilo Donati, diversi tra di loro, ma grandi personaggi. Tosi era storicamente preciso, oltre che grande illustratore nella realizzazione dei bozzetti, mentre Donati era estremamente fantasioso. Dire che mi ispiro, forse è esagerato, perché neanche lontanamente potrei realizzare qualcosa vicino al loro modo di lavorare, ma li ammiro, li rispetto e guardo ai loro costumi come qualcosa di invalicabile.
Hai mai pensato di diventare stilista? Molti grandi stilisti sono stati anche costumisti, ad esempio, Elsa Schiaparelli, Jean-Paul Gaultier..
Sognavo di diventare stilista fino al primo anno di Accademia. In prima media ho cominciato a disegnare dei primi rudimentali figurini, poi all’Istituto d’arte ho continuato a coltivare questa passione fino a che non ho cominciato a seguire il corso di Costume per lo spettacolo all’Accademia di Belle Arti. Quel sogno non lo sentivo più mio, non mi portava gioia. Incontrare altre ragazze che la pensavano come me ha alimentato poi la metamorfosi di questo sogno.
Puoi spiegare ai giovanissimi come avviene il percorso per diventare una costumista? E quanta ricerca e studio di modellistica, tessuto e tecniche di lavorazione c’è dietro un abito d’epoca?
Devo ancora fare molta strada, sono solo “all’inizio dei giochi” e come dico sempre, non si finisce mai di studiare. Intanto posso consigliare di alimentare la propria curiosità e creatività, osservando con occhi e cuore aperti. Si può iniziare anche a casa, per esempio leggendo (molti libri hanno lunghe e dettagliate descrizioni riguardo l’abbigliamento dei personaggi). Ci sono poi diversi testi di storia del costume e di modellistica storica (la maggior parte in inglese). Poi consiglio di fare molta ricerca di immagini, video e così via e guardare spettacoli teatrali e film. Successivamente seguire dei corsi mirati. Spetterà poi alla persona stessa capire quale direzione seguire e soffermarsi o sull’ideazione o sulla realizzazione o entrambe.
Quanto è importante avere buone basi di sartoria e conoscenza della storia della moda e del costume per una costumista?
Secondo il mio parere, i rudimenti di sartoria e di storia sono fondamentali, poi come ho affermato precedentemente, sta alla persona decidere quale via proseguire. Io preferisco continuare ad alimentarle entrambe, insieme allo studio delle disparate tecniche di lavorazione e manipolazione dei tessuti e dei materiali. Prima o poi si arriva ad un punto in cui sarà impossibile dare importanza a tutto, per questo motivo, dietro alla realizzazione dei costumi, c’è solitamente un team di numerose figure professionali.
I tuoi lavori sono sempre molto accurati sembra non esserci niente di lasciato al caso, come avviene la genesi del costume in fase di progettazione?
Grazie mille, troppo gentile. Ti posso raccontare in breve come lavoro io, perché sicuramente ognuno ha schemi e modi diversi. Innanzitutto, dopo aver parlato con il regista e aver, bene o male, stabilito l’ambientazione dello spettacolo, procedo con una ricerca iconografica per ogni personaggio, stabilendo in corso d’opera la tavolozza di colori e il mood. Passo quindi alla realizzazione dei bozzetti e alla scelta dei materiali da utilizzare e le lavorazioni da realizzare. Dopo aver avuto l’ok e aver preso le misure di tutti gli attori, passo alla realizzazione dei modelli, in principio o in tela o comunque imbastiti in modo da poter apportare le dovute modifiche una volta fatti provare. Dopo essermi assicurata che tutto vada bene procedo con le rifiniture.
Mi ha molto colpito il nome che hai dato al tuo sito “ Hanami” da dove nasce l’idea e perché? Suppongo che c’entri l’influenza giapponese con il tuo percorso formativo.
Si lo ammetto, dal 2010 il Giappone influenza quasi tutto quello che faccio e realizzo. È un interesse che è cresciuto di pari passo con quello per la sartoria e il costume. Mi sono fin da subito sentita legata ai fiori di ciliegio, sarà per il colore tenue o per l’eleganza dei petali, ma sicuramente quello che più mi ha colpito è il significato profondo che la popolazione giapponese da secoli gli associa. La loro bellezza effimera, che dura molto poco (qualche settimana) è la perfetta metafora della caducità della vita umana, intensa ma con una fine relativamente breve. Ammiro così tanto questi fiori che è come se stessi in un costante Hanami spirituale. Hanami, infatti, è un termine che letteralmente significa “ammirare i fiori”. Viene associato alla pratica giapponese di recarsi con amici e parenti sotto gli alberi di ciliegio per un picnic spensierato e per festeggiarne la fioritura.
A proposito di Giappone, quale evento o episodio ti ha spinto ad avvicinarti a questo paese e quanto questa cultura influenza il tuo lavoro? Realizzi anche kimoni, vero?
È iniziato, in realtà molto banalmente, leggendo manga e guardando anime, ma con il corso del tempo ho avuto modo di conoscere tutti gli aspetti della cultura giapponese: l’arte, il teatro, la ceramica, i tessuti, la moda, la scrittura e tanto altro. Nel 2017 poi, grazie a mia sorella, ho avuto modo di realizzare un viaggio di nove giorni nel Paese del Sol Levante. Mia madre pensava che dopo il viaggio mi sarebbe passata questa attrazione e invece è “peggiorata”. Il Giappone avrà sempre un pezzo del mio cuore. Durante la pandemia, come tutti sanno, i teatri sono rimasti chiusi; quindi, stando a casa oltre a riprendere a studiare, ho continuato a cucire. Avevo da parte stoffe di cotone comprate in Giappone raffinatamente decorate. Mi è venuta l’idea quindi di utilizzarle nella miglior maniera, realizzando kimono da poter indossare come capospalla. Li ho poi postati sulla mia pagina Instagram e diverse persone me ne hanno chiesto uno. Dopo aver trovato un sito web di vendita di stoffe giapponesi, ho continuato a cucirli.
Segui molto la moda giapponese? Hai un personaggio, scrittore o stilista di cui apprezzi le sue opere?
Seguivo molto la moda giapponese ai tempi dell’Accademia. Ora mi interessa maggiormente l’arte e il teatro. Ho letto e continuo a leggere autori giapponesi e quelli che prediligo sono Banana Yoshimoto e Haruki Murakami, due autori molto diversi, ma in entrambi si sente l’origine culturale comune che a me coinvolge molto. Per quanto riguarda gli stilisti proverò sempre una grande ammirazione per Issey Miyake, per me un genio creativo come pochi, con le sue straordinarie plissettature, frutto di grande studio delle materie e dei tessuti.
Puoi descrivere uno dei tanti progetti finora svolti che ti è rimasto nel cuore e perchè?
Sicuramente porterò sempre con me il ricordo della realizzazione dei costumi per il “Riccardo III” della compagnia “Teatro della Luce e dell’Ombra”. È stato faticoso ed ho anche avuto momenti di sconforto perché erano tanti costumi e pensavo di non farcela, ma è stato bello vederli in scena e gli attori con la loro interpretazione hanno reso il tutto davvero emozionante. Insieme al regista abbiamo optato per uno stile che guardasse al mondo steampunk, però con un’interpretazione estremamente personale e rivisitata, con la miscela di diversi periodi storici, in base alle caratteristiche del personaggio. Oltre ai costumi, ho realizzato anche alcune corone, maschere e le protesi di Riccardo. Su YouTube è visibile l’intero spettacolo, a parole è difficile spiegare tutto il lavoro che c’è stato dietro, non solo mio, ma di tutte le persone che vi hanno preso parte.
Al momento, quali sono i tuoi progetti in corso? Ho notato che ti diletti a fare anche l’attrice per alcuni spettacoli teatrali. Che emozione provi nell’indossare i capi che tu stessa cuci?
Al momento sto lavorando ad alcuni spettacoli, ma per scaramanzia preferisco non parlarne. Sicuramente più in là posterò qualcosa sulla mia pagina Instagram. “Fare l’attrice” forse è eccessivo. Nel tempo libero frequento un’associazione teatrale amatoriale e una o due volte l’anno andiamo in scena. Lo facciamo un po’ per passione, un po’ per divertimento e per stare in compagnia. Anche in questo caso per la scelta dei costumi consulto sempre il regista e cerchiamo di venire incontro ad ogni attore. Devo dire che è una bella sensazione indossare il costume che io stessa ho pensato/realizzato. Mi è sempre piaciuto assumere le sembianze di qualcun altro, che sia un personaggio inventato o un personaggio storico. Sicuramente continuerò.
Autrice dell'intervista a Giulia Cilia
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